Condono fiscale 2002, un buco di oltre 3 miliardi di euro tenuto nascosto per undici anni

A 11 anni dal condono fiscale tombale del 2002, targato Silvio Berlusconi-Giulio Tremonti, si è scoperto che i 'condonati' non hanno pagato tutto il dovuto.
Secondo un documento della Corte dei Conti, di cui ha dato conto il Fatto Quotidiano, al 10 settembre del 2013 mancano all'appello circa 3 miliardi e mezzo di euro.

Secondo la magistratura contabile, il gettito complessivo per sanare definitivamente ogni irregolarità su Irpef, Irpeg, addizionali regionali, Ilor e quant’altro al dicembre 2002 doveva essere complessivamente di 26 miliardi: non si tratta di una previsione, ma del calcolo di quanto dovuto da chi ha aderito al condono ricevendo in cambio benefici come un sostanzioso sconto sulle tasse non pagate e la cancellazione di eventuali reati fiscali. Peccato che poi parecchi abbiano deciso di non pagare tutto, cioè di evadere sull’evaso. D’altronde la legge pareva scritta apposta per farlo: il condono, infatti, si considerava completato dopo aver pagato la prima rata. Di più: a chi sceglieva di rateizzare non si chiedeva alcuna fideiussione sul rimanente debito con l’erario.

Risultato: se uno dopo la prima rata non pagava più, partiva la solita catena per la riscossione coatta tra Agenzia delle Entrate ed Equitalia; il tizio però nel frattempo non poteva essere accusato per i reati eventualmente commessi né gli si potevano applicare le multe cancellate dal condono.

La cosa venne fuori nel novembre 2008: su 26 miliardi ne abbiamo riscossi meno di 21, mise a verbale la Corte dei Conti. Per la precisione mancano all’appello 5,2 miliardi, il 16,2 per cento del totale al netto di sanzioni e interessi. Il governo, che poi era lo stesso che aveva fatto il condono, reagì sgomento: impossibile, inaudito, adesso ci pensiamo noi, gli espropriamo tutto. Siamo alla manovra del 2010, quando la commissione Ue comincia a spingere per l’austerità. Lì Tremonti si gioca il tutto per tutto: entro ottobre del 2011 l’Agenzia delle Entrate deve “effettuare una ricognizione” dei contribuenti che non abbiano ancora provveduto ai pagamenti e avviare nei trenta giorni successivi le procedure di riscossione coatta.

Bene così, problema risolto. O quasi: nell’estate 2011 Tremonti prorogò il termine al 31 dicembre 2012 e poi, tanto per stare tranquilli, Monti decise di fissarlo alla fine del 2013. D’altronde mica è una cosa così facile capire chi ha pagato e chi no: il condono del 2002 in qualche caso – almeno 34 mila contribuenti – fu addirittura anonimo, modello “scudo fiscale”. Alla fine, insomma, in sei anni si è riusciti a recuperare 1,8 miliardi (comprensivi, peraltro, di sanzioni e interessi per i ritardi sulle rate). E i benefici del condono? Sono ancora là.

 Quei tre miliardi e mezzo che mancano all’appello sono tornati d’attualità mentre gli uffici del Tesoro e le commissioni parlamentari consumavano gli occhi per far tornare i conti del Def: conti, sia detto per inciso, che per il 2013 tornano solo perché finora agli atti risulta che dovremo pagare la rata dell’Imu di dicembre per complessivi 2,4 miliardi di euro. In quei giorni, come detto, Francesco Boccia chiese alla Corte dei Conti notizie sull’annosa vicenda del condono tombale del 2002 scoprendo quei 3,4 miliardi dimenticati: “Adesso le proroghe sono finite – spiega al Fatto Quotidiano il deputato del Pd – e dobbiamo fare di tutto, già nella legge di stabilità, per recuperare i soldi: la prima cosa è prevedere che chi non è in regola coi pagamenti perde subito i benefici del condono, poi studieremo se applicare penalizzazioni accessorie”.

In sostanza, chi non ha pagato le rate dopo la prima potrebbe non solo trovarsi a dover sborsare tutte le tasse dovute senza alcuno sconto (anche cinque volte più di quanto pattuito a suo tempo), ma pure finire sotto la lente della magistratura per eventuali reati fiscali. Si vedrà, ma va detto che i precedenti non lasciano ben sperare: come ha rivelato l’Agenzia delle Entrate nel 2005, in sessant’anni di condoni solo quelli del 1989 e del 1992 hanno rispettato le previsioni di gettito.
infiltrato.it

Il carcere-paradiso in Venezuela

 Dal Venezuela arriva un esempio di come vivere in carcere possa essere reso un po' più piacevole: è il carcere di San Antonio, in Venezuela, dove prigionieri cucinano i propri pasti, guardano la TV, ballano il reggeton e fanno il bagno in piscina. L'unica cosa che non possono fare, insomma, è uscire.


Per questo la maggior parte dei prigionieri è felice di stare lì. A San Antonio, infatti, si può godere di molti privilegi, compreso avere un lavoro e guadagnare soldi veri. Alcuni sono barbieri, alcuni farmacisti. C'è anche un ragazzo che usando photoshop vende foto di detenuti appoggiati a un Hummer. I più pigri se ne stanno nelle celle climatizzate, in compagnia di mogli e fidanzate, libere di andare e venire a loro piacimento.
Anche i figli dei detenuti possono utilizzare il carcere come un parco giochi e trascorrere la giornata nuotando in una delle quattro piscine. Nei fine settimana, si apre a per tutti i visitatori che vogliono ballare nei suoi club. Insomma, è veramente un carcere diverso da qualsiasi altro.
Ma c'è un pesante rovescio della medaglia. Ogni privilegio concesso a San Antonio si deve a Rodrigues Teófilo, noto anche come "El Conejo", il coniglio, a causa della sua dipendenza dalle carote. Rodrigues, un trafficante di droga condannato, è il leader dei detenuti. Il suo marchio di fabbrica, il logo di Playboy, appare sui muri della prigione ed è tatuato sul corpo di alcuni dei detenuti come segno di fedeltà e lealtà verso di lui. Si è affermato come capo della comunità proprio attraverso il miglioramento delle condizioni di vita. Lo scopo, ovviamente, è avere il controllo e il comando, sostituendosi allo Stato.
Insieme con le sue guardie del corpo, El Conejo impone alcune regole di condotta, a sua discrezione, e coloro che disobbediscono vengono severamente puniti, anche perché le armi sono una comuni all'interno dei cancelli della prigione. La maggior parte dei 2.000 detenuti ha paura di parlarne. E immaginarne il perché svuota di ogni fascino la prigione paradisiaca, governata dagli spiriti maligni della criminalità organizzata.

greenme.it

Autoblu, la casta spende oltre un miliardo

I politici italiani non sembrano voler seguire l’esempio di Papa Francesco. Il quale, in epoca di rinnovamento della Chiesa, ha abbandonato la fiammante e comoda papamobile per una più semplice Ford Focus.
Rappresentanti di Stato e Parastato continuano a scorrazzare in autoblu incuranti di spending review e delle campagne giornalistiche anticasta.
Lo ha confermato il ministro per la Pubblica amministrazione, Giampiero D’Alia, che ha dovuto ammettere anche quanto sia complessa e improba la battaglia contro questo tipo di sprechi.
CENSITO SOLO IL 70% DEL PARCO AUTO.
 «Ci troviamo», ha spiegato il numero uno di Palazzo Vidoni, «ad aver censito soltanto il 70% del parco auto di rappresentanza e di servizio delle pubbliche amministrazioni. Questo perché non ci vengono forniti i dati in maniera compiuta da parecchi Enti locali e Regioni».
Ma più dei boicottaggi, sono i numeri a dare la misura dello stato dell’arte.

UN CONTO DA CIRCA 1 MILIARDO
Sempre il ministro centrista ha dichiarato che «dal dato grezzo in nostro possesso, il costo delle auto di servizio e delle auto blu supera il miliardo di euro. È chiaro quindi che ci sono margini di intervento per una riduzione della spesa». Per la cronaca, un anno fa il costo complessivo per questa voce di spesa era di 1,050 miliardi.
SUL LIBRO PAGA, CONSULENZE PER 1,3 MILIARDI.
Numeri non meno sconfortanti arrivano dal versante delle consulenze. Sempre il ministro D’Alia a Palazzo Madama ha fatto sapere: «Dai dati in nostro possesso il costo delle consulenze nelle pubbliche amministrazioni italiane è di oltre 1,3 miliardi di euro. Anche questo è un dato grezzo, che fa riferimento all’acquisizione di elementi e di dati provenienti da circa il 70% delle amministrazioni».
Gli ultimi numeri a disposizione di Palazzo Vidoni, ma che risalgono al 2001, dicono che «gli incarichi di collaborazione e consulenza sono stati 277.085 per un totale di euro 1.292.822.526,18».
NEL 2012 SONO STATI RISPARMIATI SOLO 100 MILIONI.
Non hanno portato grandi risultati le norme approvate finora per tagliare le auto blu o consulenze. Renato Brunetta, sulla poltrona di D’Alia ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, era convinto di recuperare in un biennio almeno 900 milioni di euro. Per questo aveva concesso l’uso delle vetture di rappresentanza soltanto alle figure apicali della pubblica amministrazione, dimezzato le assegnazioni e fissato multe per i trasgressori. Non meno duro il suo successore, Filippo Patroni Griffi.

Nell’ultima legge di Stabilità aveva previsto il divieto alle amministrazioni pubbliche di acquistare auto nuove negli anni 2013 e 2014. Qualche mese fa il Formez, l’ente deputato a fare il monitoraggio delle auto blu, comunicò che il parco vetture di Stato, Parastato ed enti locali era composto da 56.886 vetture. Lo scorso anno la spesa di gestione complessiva era stata, come detto, di 1.050 miliardi di euro, con un risparmio di appena cento milioni rispetto al 2011. Non sono da escludere nuove strette. Tra gli emendamenti di maggioranza al pacchetto sulla Pubblica amministrazione attualmente in Senato, uno prevede un’ulteriore stretta sulle spese per le vetture di rappresentanza e consulenze. Rispetto all’anno precedente, nel 2014 il taglio passerebbe rispettivamente dall’80% già previsto al 60% e dal 90% al 70%.

Economiaweb.it

In Russia la prima scuola di sesso orale


E’ nata in Russia, la prima scuola di sesso, che ha lo scopo di insegnare alle allieve giovani e meno giovani tutte le tecniche per tenersi stretto il proprio uomo tra le lenzuola. La scuola ha aperto i battenti a Mosca, qualche mese fa registrando un boom di iscrizioni.

Dieta estrema: un cerotto sulla lingua per dimagrire


L’ultima novità messa a punto da un chirurgo plastico americano per perdere i chili di troppo consiste nel cucire sulla lingua dei suoi pazienti un cerotto fatto di mariex, lo stesso materiale che viene utilizzato per gli interventi di ricostruzione per ernie.
Il dottor Nikolas Chugay, di Beverly Hills, applica il ‘cerotto miracoloso’ in bocca procedendo con sei punti di sutura. Il procedimento è così doloroso che impedisce a chi vi si sottopone di mangiare qualsiasi alimento solido. In questo modo, ingerendo soltanto liquidi ed integratori, si perdono diversi chili nel giro di poco tempo.
Oltre al dolore che si prova, c’è anche da considerare che la lingua potrebbe gonfiarsi a tal punto da avere difficoltà a deglutire o parlare. Ad ogni modo, dopo un mese il cerotto va rimosso per non rischiare che inizi a inglobarsi nel tessuto della lingua per il processo di autoriparazione per il quale è stato inventato.
Per ora il chirurgo plastico vanta l’efficacia della sua trovata, oltre che la sua economicità, ma numerose sono le perplessità della maggior parte dei dietologi statunitensi; in primis c’è il rischio di ingrassare arrivando ad accumulare ancora più chili del passato, ricominciando a mangiare esageratamente non appena il cerotto viene tolto.

Lo sbadiglio del padrone contagia anche il cane

Il cane percepisce lo stato d'animo del padrone? Un'ulteriore conferma sembra venire dallo sbadiglio: secondo uno studio pubblicato su PloS ONE, i cani si lascerebbero "contagiare" più dagli sbadigli dei propri padroni che da quelli di persone estranee.

Questo fa pensare a una "connessione emotiva" tra cani e persone, sostiene Teresa Romero della Università di Tokyo, tra gli autori della ricerca.

Che i cani qualche volta sbadiglino quando vedono le persone farlo era un dato già noto alla scienza, ma non era chiaro se si trattasse di una forma di empatia o di leggero stress, visto che lo sbadiglio può essere un sintomo di ansia.

Nell'esperimento oggetto della pubblicazione Romero e i suoi collaboratori hanno fatto guardare a 25 cani domestici sia i loro padroni che persone estranee mentre sbadigliavano o fingevano di sbadigliare. L'ipotesi dello stress è stata esclusa perché i cani non hanno mostrato particolari alterazioni del battito cardiaco durante l'esperimento.

Inoltre, non solo i cani sbadigliavano più spesso in risposta agli sbadigli dei padroni, ma sbadigliavano meno se lo sbadiglio dell'essere umano - padrone o estraneo che fosse - era simulato. Secondo i ricercatori, questo è il segno che per i cani il fenomeno dello sbadiglio contagioso avviene con le stesse dinamiche presenti tra gli esseri umani. Uno studio simile, pubblicato l'anno scorso, ha infatti provato che gli esseri umani sbadigliano più frequentemente in risposta allo sbadiglio di una persona a cui sono legati.

Oltre che nell'uomo e nel cane, il fenomeno dello sbadiglio contagioso è stato osservato anche negli scimpanzé. Per quanto riguarda l'uomo, gli studiosi ipotizzano che sia una forma di empatia con il sentimento dello "sbadigliante": di solito stress, ansia, noia o stanchezza. Ecco perché avverrebbe soprattutto tra persone care. 

Calvizie: ecco come si cura in Africa (video)


 C'e' chi sceglie il moderno trapianto di capelli, chi il vecchio parrucchino e chi sfida ancora il vento con riporti chilometrici. Ora, contro la calvizie, c'e' un altro rimedio, testimoniato in un esilarante video che sta spopolando su Youtube. Impossibile verificare l'efficacia della 'tortura' a cui viene sottoposto il protagonista del filmato, che aspira a recuperare i capelli perduti.
Il trattamento sarebbe stato ideato dai boscimani, in Namibia. L'unico effetto collaterale, come appare evidente dal video, potrebbe essere un certo rossore sulla testa, accompagnato da una sensazione di stordimento.