NAPOLI - Un filo rosso unirebbe l'attentato dell'11 settembre 2001 a New York alla camorra. Secondo quanto riferisce un pentito, Biagio di Lanno, ex affiliato alla cosca dei Polverino, la malavita campana era a conoscenza in anticipo dei progetti di Al Qaeda. Di Lanno, nel verbale reso ai magistrati, cita come fonte un corriere della droga marocchina (i Polverino si sono "specializzati" negli anni nel traffico internazionale di hashish). Anticipazioni sarebbero state fatte alla camorra, sempre secondo il contenuto del verbale di interrogatorio, anche delle bombe dell'11 marzo 2004 nella stazione della metropolitana di Madrid. Alcuni camorristi, inoltre, si sarebbero vantati - secondo quanto riporta Il Mattino - di aver ospitato nei propri covi napoletani protagonisti del doppio attentato terroristico.
ATTENDIBILE. Sembra pura fantasia, se non fosse che il collaboratore di giustizia viene ritenuto attendibile dal pool anticamorra che in questi mesi ha smantellato il clan che fa capo a Giuseppe Polverino, boss arrestato qualche mese fa in Spagna dopo una lunga latitanza. Ma andiamo con ordine, a partire dalla storia di Rachid, il cui volto viene mostrato al pentito in una fotografia: «Lo conosco - spiega - è un grossista di hashish, era uno di noi». È qui che il collaboratore di giustizia si sofferma su un pranzo che si sarebbe svolto nell’estate dello stesso anno dell’assalto alle Twin Towers: «Rachid venne a pranzo a casa di Sabatino Cerullo, al quale partecipai io e Angelo D’Alterio ed un altro marocchino che accompagnava Rachid».
KAMIKAZE. Sulla identità del secondo marocchino, il pentito non ha dubbi: è uno dei kamikaze impegnati nella strage del 2001, tanto da essere additato come uno di «quelli che si va ad uccidere». Ma ecco come la camorra avrebbe conosciuto l’esistenza dell’attacco alle torri di Manhattan: Rachid ricevette una telefonata da un altro suo sodale, con cui dialogava in spagnolo. Al termine di questa telefonata, Rachid parlò con Angelo D’Alterio, dicendogli che sarebbe accaduto qualcosa utilizzando degli aerei; per ”qualcosa” si intendeva un attentato e aggiunse anche che sarebbe accaduto qualcosa sui treni metropolitani in Spagna. Sul momento rimasi molto interdetto, perché era un argomento molto diverso da quelli ordinariamente oggetto delle nostre conversazioni.
MADRID. Quella telefonata ha invece assunto ben altro valore quando sono avvenuti gli attentati alle torri gemelle a New York e alla metropolitana di Madrid. Qui la memoria si fa meno lineare, dal momento che tra New York e Madrid passano tre anni, anche se sembra vivido il ricordo sulle sensazioni provocate in seno al clan: «Ricordo che Sabatino Cerulo, proprio all’indomani di questi terribili attentati, si vantava di aver ospitato presso la sua abitazione una persona che aveva avuto a che fare con coloro che avevano commesso l’attentato».
TELEFONATE. Insomma, telefonate e conversazioni in spagnolo, commenti in napoletano, tutto pochi mesi prima dell’attentato che ha cambiato la recente storia dell’Occidente, evidentemente all’insaputa - ammesso che sia vero il racconto del pentito - delle attività di intelligence delle polizie di mezzo mondo. Poi, il pentito aggiunge anche particolari su un possibile «fratello» di Rachid deciso a trasformarsi in martire della causa jadista: «Angelo D’Alterio, che aveva un rapporto molto stretto con Rachid, spesso nelle sue conversazioni con Sabatino Cerullo commentava, all’indomani del pranzo e della telefonata fatta in spagnolo da Rachid, in questo modo: ”Hai capito, il fratello di questo (ovvero di Rachid) si va ad uccidere!”».
INDAGINI. L'inchiesta è condotta dai pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio, decisivi gli accertamenti dei carabinieri del comando provinciale di Napoli guidato dal colonnello Marco Minicucci, dal reparto e dal nucleo investigativo rispettivamente guidati da Giancarlo Scafuri e Lorenzo D’Aloja. Seguono particolari sul passaggio nel napoletano di Rachid, sulla abitudine dei marocchini di chiamarsi «fratelli», un po’ come il «frate’» usato dai napoletani, sulla «bella stagione» trascorsa dai due potenziali terroristi in scooter per le masserie del Napoletano sotto la copertura della camorra. Metti un pranzo con gente informata dei piani stragisti, «uno di noi» assieme al «fratello» che aveva deciso di uccidersi, quella storia di aerei e metro saltate in aria: storie che entrano in un fascicolo della Dda di Napoli.
ATTENDIBILE. Sembra pura fantasia, se non fosse che il collaboratore di giustizia viene ritenuto attendibile dal pool anticamorra che in questi mesi ha smantellato il clan che fa capo a Giuseppe Polverino, boss arrestato qualche mese fa in Spagna dopo una lunga latitanza. Ma andiamo con ordine, a partire dalla storia di Rachid, il cui volto viene mostrato al pentito in una fotografia: «Lo conosco - spiega - è un grossista di hashish, era uno di noi». È qui che il collaboratore di giustizia si sofferma su un pranzo che si sarebbe svolto nell’estate dello stesso anno dell’assalto alle Twin Towers: «Rachid venne a pranzo a casa di Sabatino Cerullo, al quale partecipai io e Angelo D’Alterio ed un altro marocchino che accompagnava Rachid».
KAMIKAZE. Sulla identità del secondo marocchino, il pentito non ha dubbi: è uno dei kamikaze impegnati nella strage del 2001, tanto da essere additato come uno di «quelli che si va ad uccidere». Ma ecco come la camorra avrebbe conosciuto l’esistenza dell’attacco alle torri di Manhattan: Rachid ricevette una telefonata da un altro suo sodale, con cui dialogava in spagnolo. Al termine di questa telefonata, Rachid parlò con Angelo D’Alterio, dicendogli che sarebbe accaduto qualcosa utilizzando degli aerei; per ”qualcosa” si intendeva un attentato e aggiunse anche che sarebbe accaduto qualcosa sui treni metropolitani in Spagna. Sul momento rimasi molto interdetto, perché era un argomento molto diverso da quelli ordinariamente oggetto delle nostre conversazioni.
MADRID. Quella telefonata ha invece assunto ben altro valore quando sono avvenuti gli attentati alle torri gemelle a New York e alla metropolitana di Madrid. Qui la memoria si fa meno lineare, dal momento che tra New York e Madrid passano tre anni, anche se sembra vivido il ricordo sulle sensazioni provocate in seno al clan: «Ricordo che Sabatino Cerulo, proprio all’indomani di questi terribili attentati, si vantava di aver ospitato presso la sua abitazione una persona che aveva avuto a che fare con coloro che avevano commesso l’attentato».
TELEFONATE. Insomma, telefonate e conversazioni in spagnolo, commenti in napoletano, tutto pochi mesi prima dell’attentato che ha cambiato la recente storia dell’Occidente, evidentemente all’insaputa - ammesso che sia vero il racconto del pentito - delle attività di intelligence delle polizie di mezzo mondo. Poi, il pentito aggiunge anche particolari su un possibile «fratello» di Rachid deciso a trasformarsi in martire della causa jadista: «Angelo D’Alterio, che aveva un rapporto molto stretto con Rachid, spesso nelle sue conversazioni con Sabatino Cerullo commentava, all’indomani del pranzo e della telefonata fatta in spagnolo da Rachid, in questo modo: ”Hai capito, il fratello di questo (ovvero di Rachid) si va ad uccidere!”».
INDAGINI. L'inchiesta è condotta dai pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio, decisivi gli accertamenti dei carabinieri del comando provinciale di Napoli guidato dal colonnello Marco Minicucci, dal reparto e dal nucleo investigativo rispettivamente guidati da Giancarlo Scafuri e Lorenzo D’Aloja. Seguono particolari sul passaggio nel napoletano di Rachid, sulla abitudine dei marocchini di chiamarsi «fratelli», un po’ come il «frate’» usato dai napoletani, sulla «bella stagione» trascorsa dai due potenziali terroristi in scooter per le masserie del Napoletano sotto la copertura della camorra. Metti un pranzo con gente informata dei piani stragisti, «uno di noi» assieme al «fratello» che aveva deciso di uccidersi, quella storia di aerei e metro saltate in aria: storie che entrano in un fascicolo della Dda di Napoli.
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