La Nestlé prosciuga le risorse idriche del Pakistan

L'acqua potabile in Pakistan è un bene comune, ma solo per chi se lo può permettere. L'oro blu, infatti, viene imbottigliato e rivenduto a prezzi altissimi, mentre il 44 per cento della popolazione è escluso dall'approvvigionamento idrico. Da decenni i pozzi di estrazione locali sono affidati alle multinazionali dell'acqua - come la Nestlé -, che sottraggono il prezioso liquido ai cittadini. L'associazione internazionale SumOfUs ha lanciato una petizione per fermare lo scempio targato Nestlé, che sta prosciugando le risorse idriche del paese islamico.

«Nestlé si sta muovendo in Pakistan e sta succhiando il rifornimento idrico locale, rendendo inabitabili intere aree al fine di vendere l'acqua arricchita di sali minerali ai cittadini più ricchi come status symbol - scrive SumOfUs -, mentre i poveri guardano i pozzi seccarsi e i loro bambini si ammalano». Accuse durissime, respinte però dalla Svizzera - dove ha sede la Nestlé International - e dalla Francia - sede di Nestlé Waters -. Nel mirino anche il governo centrale, incapace di operare politiche efficienti per garantire accesso all'acqua per i pakistani.

Dietro il marchio Pure Life - l'acqua in bottiglia che Nestlé vende in tutto il mondo - c'è una storia di sfruttamento e violazione dei diritti umani che dura dal 1998. Quell'anno, infatti, sono cominciate le operazioni di drenaggio dei pozzi della Nestlé in Pakistan. Secondo uno studio del procuratore legale e consulente dei Diritti umani e Sviluppo, Nils Rosemann, nelle aree rurali del paese la «carenza di acqua potabile e sicura» riguarda circa il 90 per cento della popolazione.

«Come misura del problema basti pensare che la stima di bambini che muoiono ogni anno in Pakistan, a causa di diarrea sono 200.000», denuncia ancora Rosemann nel suo studio. L'azione della Nestlé, dicono le associazioni per i diritti umani, si concentra in particolare nel villaggio di Bathi Dilwan, dove le vittime sono per lo più anziani e bambini, che si ammalano per i fanghi maleodoranti causati dalle operazioni di estrazione.

«In nome del profitto, la Nestlé sta contribuendo al depauperamento delle risorse idriche, inaridendo le locali fonti d'acqua e i pozzi fino a oggi utilizzati per uso domestico e agricolo», scrive ancora Nils Rosemann. E un altro grave effetto dell'operazione Pure Life è che «l'attuale estrazione dell'acqua condotta dalla Nestlé non è sostenibile e utilizza acqua più velocemente di quanto possa essere naturalmente rinnovata», mettendo a grave rischio il diritto all'acqua delle future generazioni». Ecco perché è importante firmare la petizione di SumOfUs.

Arriva la proposta di legge del M5S per cacciare gli impresentabili

Nel progetto del M5S gli elettori potranno scegliere anche i candidati da non mandare in Parlamento.


In estrema sintesi si può descrivere come una soglia di sbarramento per gli incandidabili. Una norma in grado di restituire ai cittadini il diritto di mandare in Parlamento i propri rappresentanti, ma anche di tenerne fuori i politici meno graditi. È la “preferenza in negativo” proposta dal gruppo del Movimento 5 Stelle. Uno degli aspetti più interessanti del progetto di riforma elettorale che i grillini hanno presentato alle Camere.

La commissione Affari costituzionali del Senato ne discuterà la prossima settimana, quando saranno esaminati gli ordini del giorno sul nuovo sistema di voto. Due giorni fa l’assemblea ha già bocciato la proposta del doppio turno di coalizione avanzata dal Partito democratico. Assieme al documento grillino rimane da esaminare quello della Lega Nord, che chiede di tornare al Mattarellum.

La riforma elettorale a Cinque Stelle ha evidenti caratteristiche «ispano-elvetiche», così almeno spiegano gli esperti. Un progetto ispirato al modello spagnolo per quanto riguarda il sistema proporzionale e le circoscrizioni elettorali su base provinciale. Ma mutuato dalla norma in vigore in Svizzera a proposito di preferenze e scelta degli eletti. Del resto, chiariscono dal M5S, quello elvetico è «un sistema che si contraddistingue per massimizzare la libertà di scelta dell’elettore e la sua capacità di determinare la politica perseguita dagli eletti». E allora ecco la grande novità introdotta dai pentastellati. I cittadini chiamati a rinnovare il Parlamento potranno selezionare i candidati più meritevoli, come avviene in quasi tutti i paesi del mondo. Ma potranno anche scaricare i politici ritenuti meno presentabili. Senza entrare in tecnicismi, la proposta si articola in tre passaggi chiave.

Anzitutto l’elettore può esprimersi scegliendo semplicemente una lista sulla scheda elettorale. In questo modo il voto di preferenza viene esteso a ciascuno dei candidati presenti. È il voto più semplice, per chi si affida al buon cuore dei partiti e accetta senza distinguo la rosa dei candidati presentati in quella circoscrizione.
Chi vuole, però, può anche depennare i politici meno graditi. Un inedito nel nostro Paese. Di fianco ad ogni nome, la scheda elettorale riporta due piccoli simboli. Un “meno” di colore rosso. E un “più” verde. Un semaforo elettorale per fermare gli impresentabili e dare via libera ai più capaci. Con un piccolo segno sul “meno” i cittadini potranno togliere una preferenza a uno o più candidati presenti nella lista votata. In cambio otterranno un uguale numero di voti da attribuire ad altri candidati. Politici inseriti nella lista elettorale prescelta, oppure in una delle liste concorrenti.

Completano il progetto di riforma alcune novità da tempo nel programma grillino. A partire dalla proposta di «introdurre un numero massimo di mandati elettorali - pari a due - che ogni cittadino può essere chiamato a ricoprire in qualità di deputato e/o senatore».

Intanto all’interno del movimento il confronto rimane aperto. Non siamo ancora alla proposta definitiva. «Questo è solo un punto di partenza» racconta il deputato pentastellato Danilo Toninelli, componente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio. Già disponibile in rete, presto il provvedimento potrà essere migliorato dai contributi degli interessati.
infiltrato.it

Le missioni militari ci costano 70 milioni di euro al giorno

E' il costo delle missioni all’estero appena rifinanziate o prorogate. E questo nonostante il governo ripeta quasi quotidianamente che non ci sono risorse e si affanna per trovare le coperture alla legge di Stabilità o al congelamento dell’Imu.

Settanta milioni al giorno in spese militari. Tanto costano agli italiani le missioni all'estero appena rifinanziate o prorogate. E questo nonostante il governo ripeta quasi quotidianamente che non ci sono risorse e si affanna per trovare le coperture alla legge di Stabilità o al congelamento dell'Imu. "Dalle parti del governo c'è davvero la ricerca spasmodica di risorse economiche che servano a coprire i capricci della destra, quell'idea di togliere qualunque incombenza fiscale anche ai ricchi", ha denunciato il leader di Sel, Nichi Vendola, "Evidentemente non servono le risorse per affrontare il problema crescente della povertà nel nostro Paese". E Vendola ha chiesto al Governo: "Ce lo possiamo permettere?" commentando l'ostruzione del suo partito Sinistra ecologia e libertà (Sel), insieme con il Movimento 5 stelle (M5s), sulla conversione in legge del decreto di rifinanziamento e proroga delle missioni italiane all'estero.
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